Immaginate che esista un al di là dove poter redimere le vostre colpe, immaginate un fiume che porta alla sorgente dell’illuminazione, immaginate di trovarvi in un mondo dove le anime si rincontrano. Ecco: questo è Riverwold. Nato dalla penna di Philip Jose Farmer arriva la trasposizione televisiva del suo romanzo su Sy-Fy attraverso una film di quattro ore.
La storia comincia così: Matt Ellman (Tahmoh Penikett, Battlestar Galactica, Dollhouse) è un inviato di guerra americano che viene ucciso con la sua fidanzata Jessie (Laura Vandervoort, Smallville) da un suicida che si fa esplodere. Si risvegliano separati in un mondo misterioso dove ognuno degli abitanti ha vissuto sulla Terra e sembra essere rinato qui, lungo le rive di un fiume infinito. Determinato a trovare Jessie, Matt unisce le sue forze a quelle di una donna samurai vissuta nel tredicesimo secolo, Tomoe (Jeananne Goossen), e uno scrittore di romanzi americano, Sam “Mark Twain” Clemens (Mark Deklin). Ben presto Matt scopre che la morte è relativa. Quando le persone muoiono a Riverwolrd si reincarnano in alieni blu che hanno tutta una loro morale.
Produttore esecutivo del film è Robert Halmi Sr che, attraverso il film, ha cercato di far giun gere l’umanità a rispondere ai quesiti più complicati che esistano: qual è il senso della vita? Esiste un dopo? Abbiamo la possibilità di redimerci? Domande che si era posto Farmer (deceduto lo scorso anno all’età di 91 anni) quando creò il romanzo.
Che sia un problema degli anni cinquanta o dei giorni nostri, trovare il senso della vita è sempre un soggetto affascinante da esplorare. La religione lo ha fatto, la filosofia lo ha fatto e, anche se in forma di intrattenimento, anche la science fiction lo fa. Chissà che non ne nasca una serie.